martedì 5 dicembre 2017

FIRENZE MARATHON: ALESSIO MONTANARI E LA "SUA MARATONA..."





Firenze è la culla dove tutto nasce, la scintilla da cui tutto parte, il salvagente a cui aggrapparsi nel mare in tempesta. Firenze è un enorme debito di riconoscenza. Firenze è una scommessa, una storia di riscatto, un incubo che si trasforma in fiaba di speranza. Senza Firenze non esisterebbe Alessio che corre, i sacrifici e le soddisfazioni di questi ultimi 2 anni. Già, perché l’innamoramento con la Firenze Marathon è giunto tanto inaspettato quanto fulmineo: non avevo mai corso un solo km in gare podistiche, ma condotto una vita da calciatore dilettante, una carriera da atleta onesto, senza eccessi ne vizi. Ma torniamo al colpo di fulmine con Firenze e la sua meravigliosa maratona: era il Novembre 2015, e casualmente mentre andavo a trovare degli amici sono capitato in città nel weekend della maratona, senza dubbio nel periodo più difficile della mia vita. Mi trovavo a Firenze ospite di amici per il weekend ed avevo terminato l’ultimo dei 23 cicli di radioterapia, che seguivano sei mesi di chemioterapia. All’inizio di quell’anno infatti mi era stato diagnosticato un tumore, un linfoma di Hodgkin, un evento totalmente inaspettato per una persona di 36 anni che ha sempre condotto una vita sana: per usare un eufemismo in quei giorni “non stavo proprio bene”: avevo raggiunto un peso di quasi 100 kg a causa di alcuni medicinali assunti in quel periodo. Mi faceva male ogni centimetro del corpo e in particolare la gola e la cassa toracica erano state messe a dura prova dalle recenti radiazioni; respiravo con affanno e il mio corpo si affaticava dopo 3 gradini di scale. Aspettavo i risultati oncologici e vivevo i giorni più incerti della mia vita, in attesa di sapere se le cure avessero avuto effetto; se sei guarito o se il male avanza; se ci sarai ancora, o non ci sarai più. Sono dicotomie semplici, ben definite e nette, quando le devi mettere in un breve racconto; un po’ gravose quando realizzi che il racconto è la tua vita, e quello in attesa del giudizio della dea bendata sei tu. Ma tornando in tema, arriva il giorno della maratona e dalla mia finestra in via Aretina sono spettatore del passaggio dei top runners: decido di scendere in strada e vengo travolto da un’ondata di emozioni... una moltitudine di persone superava il km 26 della gara e fra questi gli eroici atleti con le hand-bike, impegnati in uno sforzo di braccia sovrumano; il coraggio delle persone ipovedenti legate ad un runner-guida con un laccetto al polso, la fiducia di essere guidati da una voce per 42 km, fra pericoli, curve, tombini e buche, senza poter vedere quell’orizzonte dove speri sempre di veder apparire il traguardo.
Genitori col sorriso sul volto che spingevano figli disabili su carrozzine, fra ali di folla incitante e festosa, che supportava l’ultimo partecipante alla corsa come se fosse il primo. In quel momento ho avuto l’illuminazione, mi sono attaccato all’esempio e al coraggio di tutte quelle persone per credere di avere una speranza anch’io: ho detto a mia moglie ed ai miei amici “l’anno prossimo ci sarò anche io fra queste persone”, e loro in quel momento giustamente l’hanno presa con una risata pensando ad una sparata di una persona con troppa ambizione e poco senso del realismo. Ma quelle immagini erano diventate un tatuaggio indelebile, dentro di me era scattata la scintilla della motivazione: ho camminato verso il centro di Firenze fino al traguardo dove mi sono emozionato all’arrivo di una valanga di persone comuni, ma con motivazioni eccezionali. I mesi successivi sono stati come una partenza con lo shuttle, a velocità supersonica verso lo spazio: a dicembre la comunicazione della remissione de linfoma... il male si era fermato, ritirato e messo in stand-by. Oggi le cure oncologiche fanno miracoli, e c’è una buona speranza di vita per chi esce da questo incubo. Purtroppo però chi è passato per questo tipo di malattie sa che le cure “curano” perché attaccano il tumore con forza, ma questo comporta anche la devastazione di parti “sane” del tuo fisico: come accade per certe “bombe intelligenti” sganciate in tante guerre recenti in cui gli innocenti vengono colpiti, anche i miei polmoni hanno risentito del bombardamento di doxorubicina, vinblastina, radiazioni ed altri composti chimici. “Sei vivo, ma con capacità polmonare quasi dimezzata”: ok, non ne faccio un problema, a parte l’oggettiva difficoltà a respirare in certi momenti. Chiedo ai medici se esista qualche medicinale che mi possa aiutare, e e mi dicono che l’unica via percorribile è provare a fare sport, aumentando l’elasticità polmonare e magari riportando in attività la parte lesionata. Il mio medico di base è un pazzo scatenato, uno sportivo convinto: avvalla questa teoria, e mi sprona in quella direzione. Allora capisco che è destino: Firenze è un obiettivo lontano anni luce ma è uno scopo ben chiaro: la corsa il mezzo per stare meglio. Un giorno soleggiato di marzo mi sono messo ai piedi le tennis più economiche del Decathlon e sono partito: 5,7 km di corsa; una fatica enorme ma una grande soddisfazione; i giorni successivi con la forza di volontà sono uscito nuovamente a correre, fino a scoprire dopo una quindicina di giorni che correre mi faceva stare bene. In quel momento è nata la convinzione di potercela fare, ne son seguiti allenamenti sempre più intensi ed un piano d’allenamento “professionale”, il controllo dell’alimentazione e la perdita di peso (-20 kg in 6 mesi); poi un altro miracolo: un medico sportivo folle mi ha concesso il certificato sportivo per attività agonistica! 1400 km di allenamento in 6 mesi, mai un infortunio, la presa di coscienza dei miei limiti e della possibilità di superarli un passo alla volta. Tutto era pronto, occorreva solo iscriversi alla gara senza mai prima aver provato una corsa competitiva, e senza mai aver superato i 33 km in allenamento: ma a quel punto il treno era troppo lanciato per aver paura di questi piccoli dettagli. Così il 27/11/2016 mi sono presentato alla partenza della XXXIII Firenze Marathon insieme ad altri 11000 “pazzi” e km dopo km ho portato a compimento l’impresa.
È stato uno dei giorni più belli della mia vita, un’indimenticabile emozione dal primo metro fino al pianto liberatorio quando mi hanno messo la medaglia al collo... Il debito di riconoscenza verso Firenze è tale che anche quest’anno mi sono ripresentato alla partenza, sebbene meno allenato, con qualche linea di febbre e piccoli fastidi fisici, ma orgoglioso di indossare i colori della mia città e la divisa di Corriferrara. Dopo una colazione a base di antinfluenzali e toast, sono arrivato sulla linea dello start sotto un cielo plumbeo che non prometteva nulla di buono. Tuttavia, dopo il via della gara ho deciso di togliermi la mantellina di plastica protettiva, che mi faceva caldo: mai scelta fu più sbagliata! Nel giro del primo chilometro il cielo si è rovesciato su noi runners rendendoci totalmente fradici in poco tempo: quasi 4 ore di pioggia su 5 totali di corsa! È stata realmente un’impresa epica, con tutti i runners ad incoraggiarsi l’un l’altro, a scambiarsi le mantelline per ripararsi qualche minuto dal freddo; lo staff della Firenze Marathon come sempre impeccabile nonostante le condizioni meteo avverse, ad incoraggiare i runners dal primo all’ultimo chilometro, sotto la pioggia come noi. Le scherzose battute con gli addetti agli spugnaggi (“grazie, per oggi basta acqua!”) La città come sempre ha risposto in un modo fantastico, con i negozianti che regalavano sacchi dell’immondizia ai corridori che erano stremati dal freddo! Il numeroso pubblico presente sul tracciato (mai un punto noioso in tutta la gara..) ha incitato i corridori sotto la pioggia, ed anche al mio arrivo (in 5 ore esatte) il pubblico era ancora molto numeroso ad applaudire tutti quelli che erano arrivati in fondo alla corsa. Lungo il tracciato ho avuto modo di incrociare i compagni di squadra Monia Pozzati e Fabio Bossolari (conosciuti in quel contesto) con i quali ci siamo incoraggiati a vicenda e che sono stato felice di incrociare nuovamente al traguardo, felici e medagliati! Appuntamento al 2018 mia cara Firenze! Infinitamente grato. Alessio

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